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La famiglia ebraica di antiquari fiorentini Volterra ha il proprio capostipite in Gustavo (1855-1918), che si trasferì nel 1880 presso il mercante Angiolo Melli (1829-1908) a Firenze, per imparare il mestiere e approfittare, come tanti all’epoca, del ruolo di snodo collezionistico della città. Il primo negozio, denominato “Galleria Leonardo”, venne aperto da Gustavo con il figlio di Angiolo, Cesare Melli, nel 1886. Volterra dovette lavorarci fino al 1909, ma contemporaneamente inaugurare anche un negozio in proprio sul Ponte Vecchio, specializzato in oggetti in stile per la clientela straniera soprattutto anglosassone. In un altro negozio “Volterra e Melli” aperto in via Tornabuoni 12 (1901-1913?) trovava probabilmente sede il laboratorio artigiano per la creazione di tali manufatti artistici.
La svolta nell’attività di famiglia si ebbe con il primogenito di Gualtiero, Giuseppe Volterra (1882-1932), ricordato da Simone Bargellini e Luigi Bellini come pianista, intenditore d’arte e, dalla morte del padre, guida indiscussa dell’attività di famiglia. Seppe in particolare approfittare del vuoto lasciato nel mercato cittadino dalla scomparsa di Stefano Bardini nel 1922, aprendosi al commercio dei Primitivi italiani. Ampliò il numero delle sedi e contribuì ad allestire la Galleria Michelozzo in via Sassetti 1 come una casa museo fiorentina privata del XIV-XVI secolo, aperta al pubblico dei compratori, su modello di quello che era stato Palazzo Davanzati per Elia Volpi (1858-1938).
Nel 1927 venne inaugurata anche la sede della Galleria Feroni, e negli stessi anni, su iniziativa di Giuseppe, l’attività fu estesa all’estero, a Parigi e a Londra, conquistando la fiducia di collezionisti come Adolphe Stoclet. In probabili rapporti con il falsario Icilio Federico Joni e il restauratore di Elia Volpi, Silvio Zanchi, alcune delle opere commercializzate dai Volterra in quegli anni destarono polemiche, come il candelabro venduto proprio a Stoclet alla fine degli anni Venti, riconosciuto come un falso da Frederick Mason Perkins.
Nel frattempo, la crisi internazionale del 1929, la morte di Giuseppe nel 1932 e l’inasprimento della politica discriminatoria nei confronti degli ebrei culminata nella deportazione dei fratelli Gastone (1887-1944) e Umberto Angelo (1886-1944), portò al declino della fortuna commerciale dei Volterra.
Fu solo l’ultimogenito di Gualtiero, suo omonimo (1901-1967), già pianista professionista, a continuare l’attività nel settore. Dal 1927 fino al trasferimento in Australia nel 1938, collaborò con Alessandro Contini Bonacossi in qualità di agente, per procurare dipinti prestigiosi destinati soprattutto al collezionista Samuel H. Kress e alla fondazione a lui intitolata, poi confluiti nei maggiori musei americani. Il sodalizio con Contini continuò dopo la guerra con l’acquisto di un importante gruppo di quadri della collezione Cook di Richmond (Surrey), anch’essi comprati da Kress. Con la morte di Gualtiero, la parabola dei Volterra terminò.