Bardini
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- Opere trattate
Stefano Bardini (1836-1922) nacque a Pieve Santo Stefano da una famiglia di proprietari terrieri della provincia di Arezzo. Nel 1854 si trasferì a Firenze, dove si iscrisse all'Accademia di Belle Arti. Allievo di Giuseppe Bezzuoli (1784-1855) e poi di Carlo Servolini (1876-1948), respirò il clima artistico e politico dei macchiaioli. Abbandonati i corsi di pittura dopo dieci anni, Bardini si arruolò nei corpi garibaldini, prendendo parte agli ultimi combattimenti per l'indipendenza italiana.
Dopo queste esperienze, iniziò a dedicarsi al mercato antiquario, intessendo stretti rapporti commerciali con figure già molto attive nel mondo antiquariale come Augusto (1829-1914) e Alessandro Castellani (1823-1883), Vincenzo Ciampolini (1830-1930) e Angelo Tricca (1817-1884). Nel 1877 Bardini si trasferì dal piccolo atelier di Lungarno Torrigiani nel Palazzo Canigiani in via dei Benci.
Il continuo ampliamento del giro di affari portò l'antiquario ad acquistare nel 1880 una serie di locali tra Piazza dei Mozzi, via dei Renai e via di San Nicolò comprendenti anche la chiesa e l'ex monastero di San Gregorio della Pace, che restaurò trasformandoli in un'ampia galleria, oltre che abitazione privata. La nuova sede fu aperta ufficialmente nel 1883. Questi ampi spazi ospitavano anche un laboratorio di restauro dove iniziò a lavorare il giovane Elia Volpi (1858-1938), futuro rivale di Bardini nel panorama antiquariale fiorentino dell'epoca.
Nel corso degli anni Ottanta e Novanta, la fama di Bardini divenne tale che Wilhelm von Bode, uno dei suoi più fedeli clienti, nel 1892 lo definì "il più importante antiquario che l'Italia abbia mai avuto". L'antiquario poté infatti contare, oltre sul rapporto con i maggiori collezionisti europei e nordamericani dell'epoca, anche sull'appoggio di una vasta rete di colleghi associati e dislocati sul territorio italiano, come Gioacchino Ferroni (1854-1909), marito di Margherita Bardini (1845-1927), sorella minore di Stefano. Nell'attività iniziarono presto a lavorare anche i figli Emma Bardini (1883-1962) e Ugo Bardini (1892-1965).
Alla morte dell'antiquario, avvenuta nel 1922, per volontà testamentaria il palazzo di sua proprietà e la collezione da lui raccolta nel corso dell'attività vennero donati alla città di Firenze che istituì il Museo Stefano Bardini, inaugurato nel 1925.
Eventi signficativi nell'attività antiquariale:
- 1925 - Inaugurazione Museo Bardini: Apertura di un museo dedicato a Stefano Bardini che tre anni prima aveva donato la propria collezione e il palazzo al Comune di Firenze
Bibliografia essenziale:
- Bargellini, S. (1981), Antiquari di ieri a Firenze, Firenze, Bonechi
- Bellini, L., De Chirico, G. (1947), Nel mondo degli antiquari, Firenze, Arnaud
- Bode, W. (1923), Stefano Bardini, In «L'Antiquario. Rivista indipendente», X, 1-2, pp. 1-2
- Giometti, C., Ciancabilla, L. (2019), Stefano Bardini estrattista : affreschi staccati nell'Italia unita fra antiquariato, collezionismo e musei, Pisa, ETS
- Jandolo, A. (1935), Le memorie di un antiquario, Milano, Ceschina
- Moskowitz, A. F. (2015), Stefano Bardini 'principe degli antiquari': prolegomenon to a biography, Firenze, Centro Di
- Nesi, A. (2011), Stefano Bardini e il palazzo in piazza de’ Mozzi, In Mannini, pp. 127-137
- Niemeyer Chini, V. (2009), Stefano Bardini e Wilhelm Bode: mercanti e connaisseur fra Ottocento e Novecento, Firenze, Polistampa
- Tolosani, D. (1908), I grandi antiquari italiani: Stefano Bardini, In «L'Antiquario. Rivista indipendente», 1, pp. 2-3
- Tolosani, D. (1923), Personali ricordi, In «L'Antiquario. Rivista indipendente», X, 1-2, pp. 2-7
- Tolosani, D. (1923), Il Museo Bardini, In «L'Antiquario», XII, 4-5, pp. 149-159
Vedi le opere transitate presso l'antiquario presenti nel catalogo della Fondazione Zeri